Il filosofo di campagna, Vienna, Ghelen, [1759]

 ATTO PRIMO
 
 SCENA PRIMA
 
 Campagna con casa rustica.
 
 NARDO esce di casa con una vanga accompagnato da alcuni villani
 
 NARDO
 
    Al lavoro, alla campagna!
 Poi si gode, poi si magna
 con diletto e libertà.
 
    O che pane delicato,
5se da noi fu coltivato!
 Presto presto a lavorare,
 a podare, a seminare,
 e dappoi si mangerà,
 del buon vin si beverà
10ed allegri si starà. (Partono i contadini restandone uno impiegato)
 
 Vanga mia benedetta,
 mio diletto conforto e mio sostegno,
 tu sei lo scettro e questi campi il regno.
 Quivi regnò mio padre,
15l’avolo ed il bisavolo e il tritavolo
 e fur sudditi lor la zucca e il cavolo.
 Nelle città famose
 ogni generazion si cambia stato,
 se il padre ha accumulato
20con fatica, con arte e con periglio,
 distrugge i beni suoi prodigo il figlio.
 Qui dove non ci tiene
 il lusso, l’ambizion, la gola oppressi,
 sono gli uomini ognor sempre gl’istessi.
25Non cambierei, lo giuro,
 col piacer delle feste e de’ teatri
 zappe, trebbie, rastri, vanghe ed aratri.
 
 SCENA II
 
 LENA ed il sudetto
 
 LENA
 Eccolo qui, la vanga
 è tutto il suo diletto.
30Se foste un poveretto,
 compatirvi vorrei ma siete ricco,
 avete dei poderi e dei contanti;
 la fatica lasciate ai lavoranti.
 NARDO
 Cara nipote mia,
35più tosto che parlar come una sciocca
 fareste meglio a maneggiar la rocca.
 LENA
 Colla rocca, col fuso e coi famigli
 stanca son d’annoiarmi,
 voi dovreste pensare a maritarmi.
 NARDO
40Sì, volontieri. Presto
 comparisca un marito. Eccolo qui. (Accenna un villano)
 Vuoi sposar mia nipote? Signorsì.
 Eccolo io ve lo do.
 Lo volete? Vi piace?
 LENA
                                       Signor no.
 NARDO
45Va’ a veder se passasse
 adesso per la strada
 qualche affamato con perucca e spada. (Al villano che parte ridendo)
 Vedi? Ride Mingone e ti corbella.
 Povera vanarella,
50tu sposeresti un conte od un marchese,
 perché in meno d’un mese,
 strapazzata la dote e la fanciulla,
 la nobiltà si riducesse al nulla.
 LENA
 Io non voglio signor un contadino
55ma voglio un cavaliere o un citadino
 ricco sfondato e che mi voglia bene.
 Ah se qui non fosse, lo troverei ben bene.
 
    Francia mia, ove sei tu?
 In campagna? Ohibò, ohibò!
60Non mi posso veder più.
 
    Dove son quegl’inglesini,
 dove son quei parigini
 che la mano mi bacciassero,
 che venissero e regalassero,
65che facessero a chi può più.
 
 SCENA III
 
 NARDO solo
 
 NARDO
 Sì signora, non dubiti,
 che contenta sarà.
 La si mariterà la poverina;
 ma la vuo’ maritar da contadina.
70Ecco; il mondo è così. Niuno è contento
 del grado in cui si trova
 e lo stato cambiare ognun si prova.
 Vorrebbe il contadino
 diventar cittadino; il cittadino
75cerca nobilitarsi
 ed il nobile ancor vorrebbe alzarsi
 d’un gradino alla volta.
 Qualchedun si contenta;
 alcuno due o tre ne fa in un salto;
80ma lo sbalzo è peggior quanto è più alto. (Parte)
 
 Nota bene: aria di Nardo alla fine del libro
 
 SCENA IV
 
 Giardino in casa di don Tritemio.
 
 RINALDO, poi DON TRITEMIO
 
 RINALDO
 Ecco della mia bella
 il genitor felice.
 DON TRITEMIO
 (Per la villa si dice
 che Nardo ha un buono stato
85e da tutti filosofo è chiamato).
 RINALDO
 (Sorte non mi tradir). Signor.
 DON TRITEMIO
                                                         Padrone.
 RINALDO
 S’ella mi permettesse,
 le direi due parole.
 DON TRITEMIO
 Anche quattro ne ascolto e più, se vuole.
 RINALDO
90Non so se mi conosca.
 DON TRITEMIO
                                          Non mi pare.
 RINALDO
 Di me si può informare,
 son cavaliere e sono i beni miei
 vicini ai suoi.
 DON TRITEMIO
                            Mi rallegro con lei.
 RINALDO
 Ella ha una figlia.
 DON TRITEMIO
                                   Sì signor.
 RINALDO
                                                       Dirò...
95Se fossi degno... Troppo ardire è questo;
 ma mi sprona l’amore...
 DON TRITEMIO
                                              Intendo il resto.
 RINALDO
 Dunque signor?...
 DON TRITEMIO
                                    Dunque signor mio caro,
 per venire alle corte, io vi dirò...
 RINALDO
 M’accordate la figlia?
 DON TRITEMIO
                                          Signor no.
 RINALDO
100Ahi mi sento morir!
 DON TRITEMIO
                                        Per cortesia,
 non venite a morire in casa mia.
 RINALDO
 Ma perché sì aspramente
 mi togliete alla prima ogni speranza.
 DON TRITEMIO
 Lusingarvi sarebbe una increanza.
 RINALDO
105Son cavalier.
 DON TRITEMIO
                           Benissimo.
 RINALDO
                                                  De’ beni
 ricco son quanto voi.
 DON TRITEMIO
                                        Son persuaso.
 RINALDO
 Il mio stato, i miei fondi,
 le parentele mie vi mostrerò.
 DON TRITEMIO
 Credo tutto.
 RINALDO
                         Che speri?
 DON TRITEMIO
                                               Signor no.
 RINALDO
110Ma la ragione almeno
 dite perché né men si vuol ch’io speri?
 DON TRITEMIO
 La ragion?
 RINALDO
                       Vuo’ saper.
 DON TRITEMIO
                                              Sì, volontieri.
 
    La mia ragione è questa,
 mi par ragione onesta;
115la figlia mi chiedeste
 e la ragion voleste...
 La mia ragion sta qui.
 Non posso dir di sì,
 perché vuo’ dir di no.
 
120   Se non vi basta ancora,
 un’altra ne dirò.
 Rispondo: «Signor no.
 Perché la vuo’ così».
 E son padron di dirlo.
125La mia ragion sta qui. (Parte)
 
 SCENA V
 
 RINALDO
 
 RINALDO
 Sciocca ragione indegna
 d’anima vil dell’onestà nemica;
 ma non vuo’ che si dica
 ch’io soffra un tale insulto,
130ch’io debba andar villanamente inulto.
 O Eugenia sarà mia
 o tu padre inumano
 ti pentirai del tuo costume insano.
 
    Sol può dir come si trova
135un amante in questo stato
 qualche amante sfortunato
 che lo prova al par di me.
 
    Un tormento è quel ch’io sento
 più crudel d’ogni tormento.
140È un tormento disperato
 che soffribile non è.
 
 SCENA VI
 
 Salotto in casa di don Tritemio con varie porte.
 
 LESBINA, poi NARDO
 
 LESBINA
 Capperi! S’attaccava
 prestamente al partito.
 Troppo presto volea far da marito.
145Ecco il ricco villano;
 ora son nell’impegno.
 Tutta l’arte vi vuol, tutto l’ingegno.
 NARDO
 Chi è qui?
 LESBINA
                       Non ci vedete?
 Per ora ci son io.
 NARDO
150Bondì a vossignoria.
 LESBINA
                                        Padrone mio.
 NARDO
 Don Tritemio dov’è?
 LESBINA
                                         Verrà fra poco.
 Potete in questo loco
 aspettar, se v’aggrada.
 NARDO
                                           Aspetterò,
 voi chi siete signora?
 LESBINA
                                         Io non lo so.
 NARDO
155Sareste per ventura
 la figliuola di lui venuta qui?
 LESBINA
 Potria darsi di sì.
 NARDO
 Alla ciera mi par...
 LESBINA
                                     Così sarà.
 NARDO
 Mi piacete da ver.
 LESBINA
                                    Vostra bontà.
 NARDO
160Sapete chi son io?
 LESBINA
                                    No, mio signore.
 NARDO
 Non ve lo dice il core?
 LESBINA
 Il cuor d’una fanciulla,
 non sente amor già mai, non sa dir nulla.
 NARDO
 Eh furbetta furbetta! Voi mi avete
165conosciuto a drittura.
 Ciò sempre si conosce per natura.
 LESBINA
 Siete forse...
 NARDO
                          Via, chi?
 LESBINA
                                             Nardino bello?
 NARDO
 Sì, carina, son quello,
 quello che vostro sposo è destinato.
 LESBINA
170Con licenza, signor, m’hanno chiamato.
 NARDO
 Dove andate?
 LESBINA
                            Non so.
 NARDO
 Eh restate, carina.
 LESBINA
                                    Signor no.
 NARDO
 Vi spiace il volto mio?
 LESBINA
                                           Anzi... mi piace...
 ma...
 NARDO
             Che ma?
 LESBINA
                                Non so dir... che cosa sia.
175Con licenza, signor, voglio andar via.
 NARDO
 Fermatevi un momento.
 (Si vede dal rossor ch’è figlia buona).
 LESBINA
 (Servo me stessa e servo la padrona).
 
    Compatite, signor, s’io non so.
180Son così, non so far all’amor.
 Una cosa mi sento nel cor
 che col labro spiegar non si può.
 
    Miratemi qua;
 saprete cos’è.
185Voltatevi in là,
 lontano da me.
 
    Vuo’ partire, mi sento languire,
 ah! Col tempo spiegar mi saprò. (Parte)
 
 SCENA VII
 
 NARDO, poi DON TRITEMIO
 
 NARDO
 Si vede chiaramente
190che la nattura in lei parla innocente.
 Finger anche potrebbe, è ver purtroppo,
 ma è un cattivo animale
 quel che senza ragion sospetta male.
 DON TRITEMIO
 Messer Nardo da bene,
195compatite se troppo trattenuto
 m’ha un domestico impaccio;
 vi saluto di cuore.
 NARDO
                                   Ed io v’abbraccio.
 DON TRITEMIO
 E verrà la figliuola?
 NARDO
                                       È già venuta.
 DON TRITEMIO
 La vedeste?
 NARDO
                         Signorsì, l’ho già veduta.
 DON TRITEMIO
200Che vi par?
 NARDO
                         Mi par bella.
 DON TRITEMIO
                                                   È un po’ ritrosa.
 NARDO
 La fanciulla va ben sia vergognosa.
 DON TRITEMIO
 Disse niente? Parlò?
 NARDO
                                        Mi disse tanto
 che sperare mi fa d’essere amato.
 DON TRITEMIO
 È vero?
 NARDO
                  È ver.
 DON TRITEMIO
                                (Oh ciel sia ringraziato).
205Ma perché se n’andò?
 NARDO
                                           Perché bel bello
 amor col suo martello
 il cor le inteneriva
 e ne aveva rossore.
 DON TRITEMIO
                                     Eh viva! Eh viva!
 Eugenia dove sei? Facciamo presto,
210concludiamo l’affar.
 NARDO
                                       Per me son lesto.
 DON TRITEMIO
 Chi è quella?
 NARDO
                           È mia nipote.
 
 SCENA VIII
 
 LENA e detti, poi LESBINA
 
 NARDO
 Che volete voi qui?
 LENA
                                      Con sua licenza,
 alla sposa vorrei far riverenza.
 DON TRITEMIO
 Ora la chiamerò.
 NARDO
215Concludiamo le nozze.
 DON TRITEMIO
                                           Io presto fo. (Parte)
 LENA
 Signor zio com’è bella?
 NARDO
 La vedrai, è una stella.
 LENA
 È galante, è graziosa?
 NARDO
 È galante, è gentile ed è amorosa.
 LENA
220Vi vorrà ben?
 NARDO
                            Si vede
 da un certo non so che
 che l’ha la madre sua fatta per me.
 A pena ci siam visti,
 un incognito amor di simpatia
225ha messo i nostri cori in allegria.
 
    Son pien di giubilo,
 ridente ho l’animo,
 nel sen mi palpita
 brillante il cor.
 
 LENA
 
230   Il vostro giubilo
 nelle mie viscere
 risveglia ed agita
 novello ardor.
 
 LESBINA
 
    Sposino amabile (Esce da una camera)
235per voi son misera,
 mi sento mordere
 dal dio d’amor.
 
 NARDO
 
    Vieni al mio seno
 sposina mia.
 
 LENA
 
240Signora zia
 a voi m’inchino.
 
 A TRE
 
 Dolce destino!
 Felice amor!
 
 LESBINA
 
    Parto, parto; il genitore...
 
 NARDO
 
245Perché partir?
 
 LESBINA
 
                              Il mio rossore
 non mi lascia restar qui. (Entra donde è venuta)
 
 NARDO
 
    Vergognosetta
 la poveretta
 se ne fuggì.
 
 LENA
 
250   Se fossi in lei
 non fuggirei
 chi mi ferì.
 
 DON TRITEMIO
 
    La ricerco e non la trovo.
 Oh che smania in seno io provo;
255dove diavolo sarà?
 
 NARDO, LENA
 
 Ah! Ah! Ah! (Ridono)
 
 DON TRITEMIO
 
 Voi ridete? Come va?
 
 NARDO
 
 Fin adesso è stata qua.
 
 DON TRITEMIO
 
 Dov’è andata?
 
 LENA
 
                             È andata là.
 
 DON TRITEMIO
 
260Quando è là, la troverò
 e con me la condurrò. (Entra nella camera)
 
 NARDO
 
    Superar il genitore
 potrà bene il suo rossore.
 
 LENA
 
 Non è tanto vergognoso
265il suo core collo sposo.
 
 A DUE
 
 Si confonde nel suo petto
 il rispetto coll’amor.
 
 LESBINA
 
    Presto presto, sposo bello,
 via porgetemi l’anello,
270che la sposa allor sarò. (Torna)
 
 LENA
 
 Questa cosa far si può.
 Ecco, ecco, io ve lo do. (Le dà un anello)
 
 LESBINA
 
    Torna il padre, vado via.
 
 NARDO
 
 Ma perché tal ritrosia?
 
 LESBINA
 
275Il motivo non lo so.
 
 LENA
 
 Dallo sposo non fuggite.
 
 LESBINA
 
 Compatite, tornerò. (Torna nella camera)
 
 NARDO, LENA
 
    Caso raro, caso bello!
 Una sposa coll’anello
280ha rossor del genitor.
 
 DON TRITEMIO
 
    Non la trovo.
 
 A DUE
 
                              Ah, ah, ah! (Ridendo)
 
 DON TRITEMIO
 
 Voi ridete?
 
 A DUE
 
                        È stata qua.
 
 LENA
 
 Collo sposo ha favellato.
 
 NARDO
 
 E l’anello già le ho dato.
 
 DON TRITEMIO
 
285Alla figlia?
 
 A DUE
 
                       Signorsì.
 
 DON TRITEMIO
 
 Alla sposa?
 
 A DUE
 
                        Messersì.
 
 A TRE
 
    Quel ch’è fatto fatto sia.
 Stiamo dunque in allegria,
 che la sposa vergognosa
290alla fin si cangierà;
 e l’amore nel suo core
 con piacer trionferà.
 
 Fine dell’atto primo